Una particolare forma di allergia è quella causata dai pollini di alcune piante. Per le riniti allergiche in Europa, Italia compresa, si stima una prevalenza tra il 10-20 % a seconda delle regioni. Le pollinosi, come tutte le allergie, sono considerati uno dei mali tipici delle nostre società avanzate, nelle quali hanno una maggiore diffusione in confronto ai paesi in via di sviluppo. Purtroppo il numero di persone che ne soffrono è in continuo aumento dall’inizio del XX secolo.
Le ragioni di questo aumento sono molteplici e diverse le teorie che lo spiegano. L’inquinamento atmosferico è ritenuto uno dei potenziali agenti aggravanti (la percentuale di soggetti allergici in area urbana è notevolmente superiore a quella delle aree rurali), come il ridotto contatto con gli agenti infettivi nei primi anni di vita e l’introduzione di nuove specie vegetali ai cui allergeni siamo sensibili (ambrosia; casuarina; cipresso presente in quantità maggiori rispetto al passato per scopi ornamentali o di rimboschimento).
Per la verità già nei primi anni dell’800 in Inghilterra era nota una patologia, chiamata “hay fever”, che affliggeva alcune persone, particolarmente nel periodo di taglio del fieno fresco, da cui il nome. I malcapitati manifestavano soprattutto sintomi oculo-rinitici, cioè starnuti, naso colante, difficoltà respiratorie, arrossamento e bruciore agli occhi. La relazione di causalità tra pollini e “hay fever” (febbre o raffreddore da fieno) venne dimostrata dal dottor Charles Blackley nel 1873, con un esperimento che può essere considerato il primo “skin test” (test intradermico) della storia della medicina. Infatti egli applicò del polline in un piccolo graffio fatto sulla cute e dopo pochi minuti ottenne una reazione. Dimostrò così che la reazione positiva ad uno specifico allergene risulta evidente nel giro di pochi minuti, grazie alla formazione di un caratteristico ponfo, un piccolo rigonfiamento arrossato, caldo e pruriginoso che raggiunge il massimo entro 20 minuti e scompare nel giro di alcune ore. Quella che fu definita “hay fever o summer catarrah” due secoli fa, oggi si chiama rinite allergica acuta o pollinosi, cioè un’infiammazione delle prime vie respiratorie scatenata dal contatto con gli allergeni contenuti nei granuli di polline. Si tratta principalmente dei pollini di piante anemofile (quelle che affidano al vento il compito di portare a termine l’impollinazione), perché vengono prodotti in grande quantità con lo scopo di aumentare le probabilità di raggiungere le strutture riproduttive femminili. Le piante entomofile (quelle che si affidano agli insetti) ne producono quantità minori, perché gli insetti sono vettori molto efficienti
La manifestazione clinica delle pollinosi comprende comunemente:
- starnuti, che sono il sintomo più caratteristico, spesso in rapida successione (salva di starnuti), accompagnata da senso di prurito al naso;
- congiuntivite, cioè infiammazione dell’occhio caratterizzata da bruciore e lacrimazione, accompagnata nei casi più gravi da dolore agli stimoli luminosi (fotofobia);
- rinorrea acquosa, cioè fuoriuscita di liquido dal naso e prurito nasale;
- ostruzione nasale, disturbo inizialmente intermittente o più accentuato la sera e la notte; tosse notturna, senza una chiara correlazione ad una patologia infettiva.
Possono insorgere anche delle complicanze come l’asma bronchiale, un’infiammazione cronica delle vie respiratorie che causa episodi ricorrenti di sibili, mancanza di respiro, costrizione toracica e tosse, specialmente durante la notte e/o nel primo mattino; cefalea; otalgia e difetti dell’udito; sinusite cronica.
Le ragioni di questo aumento sono molteplici e diverse le teorie che lo spiegano. L’inquinamento atmosferico è ritenuto uno dei potenziali agenti aggravanti (la percentuale di soggetti allergici in area urbana è notevolmente superiore a quella delle aree rurali), come il ridotto contatto con gli agenti infettivi nei primi anni di vita e l’introduzione di nuove specie vegetali ai cui allergeni siamo sensibili (ambrosia; casuarina; cipresso presente in quantità maggiori rispetto al passato per scopi ornamentali o di rimboschimento).
Le pollinosi sono dunque allergie stagionali, dipendenti dai periodi di fioritura delle famiglie vegetali e quindi dalla liberazione del polline nell’aria. Se ne distinguono in genere tre tipi. La “pollinosi precoce o pre-primaverile”, che si manifesta tra gennaio e marzo, causata da pollini di alberi, quali ad esempio l’ontano, il nocciolo, i carpini, la betulla, il pioppo. Si deve poi alla grande stagione pollinica primaverile-estiva (aprile-luglio con una breve ripresa a settembre) la “pollinosi estiva” dovuta ai pollini di piante erbacee, soprattutto alle graminacee (comprese quelle che vanno a costituire il fieno), quali ad esempio i cerali, gramigna, erba mazzolina, codolina, erba canina, loglio, a pollini di erbe selvatiche come romice, carice e piantaggine, ma anche ad alberi come l’olivo (soprattutto nelle regioni meridionali). La “pollinosi estivo-autunnale” invece è dovuta soprattutto a pollini di Composite (ambrosia, tarassaco, assenzio, margherite).
Un ruolo “speciale” riveste il polline di parietaria (Fam. delle Urticaceae) che soprattutto nel Sud d’Italia, nelle isole ed in Liguria è presente quasi tutto l’anno ed è perciò al primo posto in queste regioni come causa di allergopatie, seguita da graminacee ed olivo. Nell’Italia Settentrionale e centrale invece sono i pollini di Graminaceae che danno la maggiore frequenza di sensibilizzazione (60%). In questi ultimi anni sono aumentate le segnalazioni, nell’area mediterranea, di una particolare forma di “pollinosi invernale”:
l’allergopatia respiratoria da Cupressaceae e generi correlati. Questa patologia allergica si manifesta in un vasto arco di tempo, da novembre ad aprile, e clinicamente è caratterizzata soprattutto da sintomi oculo-rinitici, pur non mancando numerose forme asmatiche. L’incremento dell’incidenza di questa patologia allergica è dovuto in gran parte al crescente utilizzo di piante della famiglia delle Cupressaceae a scopo ornamentale.
Altre volte il “raffreddore da fieno” è causato da spore fungine trasportate nell’aria. Le riniti allergiche da muffe (Alternaria, Cladosporium, Aspergillus, Epicoccum) rappresentano un problema di difficile soluzione in quanto vengono trasportate a grandi altezze, possono svilupparsi bene negli ambienti indoor e causano allergia per tutto l’anno.
Non trascurabile è anche il fatto che i soggetti allergici ai pollini possono presentare quella sporeche va sotto il nome di “sindrome allergica orale” (SAO) e che si manifesta con prurito e gonfiore alle labbra ed in bocca, con disturbi della deglutizione e senso di costrizione alla faringe. La SAO insorge in pochi minuti dopo aver mangiato alcuni tipi di frutta e verdura che contengono allergeni in comune con i pollini, si parla infatti di allergie crociate o cross-reattività. Le crociature più comuni sono:
- parietaria con basilico, melone, ciliegia, pisello, gelsi;
- graminacee con pomodoro, kiwi, agrumi, melone, anguria, pesca, albicocca, arachidi;
- betulacee e corilacee con mela, pera, pesca, albicocca, ciliegia, noce, nocciola, fragola, finocchio, carota, prezzemolo;
- composite con carota, finocchio, sedano, prezzemolo, banana, castagna, cicoria, margarina.
I medici allergologi sfruttano nei confronti di queste patologie, oltre alle terapie farmacologiche con antistaminici o cortisonici e ai trattamenti desensibilizzanti (Immuno Terapia Specifica), anche lo strumento della prevenzione, consigliando una serie di comportamenti ai pazienti che tendano a sottrarli il più possibile dall’esposizione agli allergeni. Le misure preventive possono essere prese, però, soltanto a partire dall’approfondita conoscenza di quali e quanti pollini e/o spore fungine sono presenti sul territorio e dei periodi della loro liberazione. E’ proprio questo lo scopo principale del monitoraggio aerobiologico