La legislazione italiana non sembra aver trascurato la problematica amianto. Si può affermare con certezza che a nessun altro inquinante è stata “dedicata” tanta normativa come all’amianto.
Il DPR 30/6/65 n° 1124, costituisce il “testo unico” delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il capo VIII reca disposizioni speciali per la silicosi e l’asbestosi.
Il D.M. 18/4/73 (G.U. n° 203 del 7/8/73), fissa l’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Al punto 1b del paragrafo “Malattie Professionali”, provocate dalla inalazione di sostanze ed agenti non compresi in altre voci, si riporta asbestosi, associata o meno alla tubercolosi o un cancro polmonare. Il legislatore ha recepito che l’esposizione all’amianto può anche provocare un cancro. L’adeguamento normativo alle conoscenze scientifiche è molto lento: già nel 1955 l’intera comunità scientifica, aveva riconosciuto il nesso causale tra cancro polmonare ed asbesto.
La Legge 27/12/75 n. 780, contiene specifiche norme riguardanti la silicosi e l’asbestosi, nonché la rivalutazione degli assegni continuativi mensili agli invalidi liquidati in capitale.
Il Ministero della Sanità, con Ordinanza 26/6/86 (G.U. n° 157 del 9/7/86), aveva posto restrizioni all’immissione sul mercato ed all’uso della crocidolite (amianto blu) e dei prodotti che la contengono. Con questa ordinanza il Ministero della Sanità aveva dimostrato più sensibilità del legislatore che non aveva ancora recepito una direttiva CEE in materia. La crocidolite, con questa ordinanza, viene considerata il più pericoloso degli amianti. (Si ricorda che gli studi di J. C. Wagner, pubblicati nel 1960, erano relativi ad esposizione a crocidolite).
Nel 1986, il Ministero della Sanità emana la Circolare 10/7/1986 n. 45 (G.U. n° 169 del 23/7/86) titolata “Piano d’interventi e misure tecniche per la individuazione ed eliminazione del rischio connesso all’impiego dei materiali contenenti amianto in edifici scolastici e ospedalieri pubblici e privati”. La circolare si propone lo scopo di abbattere patologie neoplastiche correlabili ad esposizioni, anche di lieve entità, ad amianto; tra queste il mesotelioma pleurico. La circolare 45/86, inoltre, segnala che “l’OMS ha recentemente riconosciuto l’impossibilità di individuare per l’amianto una concentrazione nell’aria che rappresenti un rischio nullo per la popolazione, data le proprietà cancerogene di questo inquinante.
Il Decreto 16.10.86 del Ministero dell’Industria Commercio ed Artigianato (G.U. n° 278 del 29/11/86) è un’integrazione alle norme del D.P.R. 9/4/59 n° 128, in materia di controllo dell’aria ambiente nelle attività estrattive dell’amianto. Per primo, in Italia, questo decreto, quantunque il suo campo di applicazione fosse limitato alle attività estrattive (è stato successivamente abolito dall’art. 59 del Decreto Legislativo 277/921), ha stabilito i valori massimi di concentrazione a cui i lavoratori possono essere esposti.
Il D.P.R. 24/05/88 n° 215, “Attuazione delle direttive CEE, numeri 83/478 e 85/610 recanti rispettivamente la quinta e la settima modifica (amianto) della direttiva CEE n. 76/769 per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi, ai sensi dell’art. 15 della legge 16/4/1987, n° 183”. Con questa norma è stata, anche, recepita la direttiva CEE, per cui era stata emanata l’Ordinanza del 26/6/86.
Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale con Decreto 21/1/1987 (G. U. n° 35 del 12/2/87), stabilisce le norme tecniche per l’esecuzione delle visite mediche periodiche ai lavoratori esposti al rischio di asbestosi. Viene abolito l’obbligo è della radiografia del torace, da sostituirsi con almeno altri indicatori.
Il D.M. 26/4/89 del Ministero dell’Ambiente, istituisce il catasto nazionale dei rifiuti. Prevede per quelli a base amianto due codici: H007 (amianto in fibre libere); H008 (materiali contenti amianto, cemento amianto, gomma-amianto ecc.).
Il Decreto 12/7/1990, del Ministero dell’Ambiente, stabilisce le linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali, e la fissazione dei valori minimi di emissione. Il paragrafo 1.1, sostanze ritenute cancerogene e/o teratogene e/o mutagene, dell’allegato 1.1 individua tre classi di sostanze. Nella 1° classe vengono poste le sostanze considerate più pericolose; tra queste è compreso l’amianto (crisotilo, crocidolite, amosite, antofillite, actinolite e tremolite).
Il Decreto Legislativo 15/8/1991 n° 277, “Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n° 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art. 7 della legge 30/7/1990, n. 212”. Il capo III è significativamente titolato “Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all’esposizione ad amianto durante il lavoro”. Questo decreto è da considerarsi innovativo nel campo delle leggi di tutela della salute, considerato che anticipa i concetti basilari del Decreto Legislativo n° 626/94 e successive integrazioni e modificazioni, con cui lo Stato Italiano ha recepito le direttive comunitarie in materia di salute dei lavoratori. Ad esempio il concetto di valutazione del rischio, alla base di tutte le azioni finalizzate a garantire la salute dei lavoratori, viene trattato, da questo decreto, all’art. 4 nella sua parte generale ed all’art. 24 per quanto attiene specificatamente l’amianto.
Dopo appena sette mesi dall’emanazione del D.Lgs 277/91 veniva emanata la Legge 27/3/1992 n. 257, che contiene norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto. L’art. 1 vieta in modo tassativo, “l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto o di prodotti contenenti amianto”. Evidente la volontà del legislatore: l’amianto, uno qualsiasi dei sei silicati fibrosi riportati all’art. 23 del D.Lgs 277/91, è posto al bando. È vietato sia nel ciclo produttivo, sia in quello commerciale. La legge 257/92, ha semplicemente arrestato (ma questo era certamente l’obiettivo principale) in modo definitivo qualsiasi aumento, immissione aggiuntiva di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto, sul territorio nazionale. L’art. 10, nell’ambito dei “piani di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto” prevede al secondo comma lettera b “il censimento delle imprese che utilizzano o abbiano utilizzato amianto”, ed alla lettera f) “la rilevazione sistematica delle situazioni di pericolo derivanti dalla presenza di amianto”. Preso atto che la legge 257/92 ha arrestato ogni nuova immissione di amianto sul mercato, il definitivo abbattimento del rischio è demandato all’insieme delle attività di bonifica.
Parlando di bonifiche di amianto, non si può prescindere dall’art. 34 del D.Lgs 277/91, significativamente titolato “Lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto”. Potente strumento di prevenzione, con l’emanazione della legge 257/92, è divenuto l’articolo più importante di tutto il capo III della norma sopraccitata. Si ricorda che, ai sensi del 1° e 2° comma, il datore di lavoro è obbligato a predisporre un “piano di lavoro” ai fini della sicurezza e salute dei lavoratori addetti e della protezione dell’ambiente esterno, prima delle attività di demolizione o di rimozione dell’amianto (o dei materiali che lo contengono) da edifici, strutture, apparecchi ed impianti, mezzi di trasporto. Nel presente contesto, oltre all’art. 34, che testimonia quanto il legislatore tenga in debita considerazione la pericolosità dell’amianto, si ritiene utile ricordare l’ultima frase del comma 2 lettera b dell’art. 28 “L’attività di lavaggio è comunque compresa fra quelle indicate all’art. 22”. Il legislatore considera a rischio (certamente non di asbestosi, ma di neoplasie amianto-correlate) anche l’attività di pulizia degli indumenti di lavoro e pertanto la considera rientrante nel campo di applicazione del capo III, stabilito appunto dall’art. 22. L’attività di pulizia, può considerarsi un’attività a “bassa esposizione”
Nel 1994 il Ministero della Sanità, emanava sul s.o. alla G.U. n° 288 del 10/12/94, il Decreto 6/9/94 ” Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12 comma 2 della legge 27/3/1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Il decreto stabilisce, tra l’altro, le modalità tecniche da adottarsi, per le attività di bonifica.
Il Decreto Ministeriale 26/10/95, “Normative e metodologie tecniche per la valutazione del rischio, il controllo, la manutenzione e la bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nei mezzi rotabili”.
Il Decreto Ministeriale 14/5/96 (s.o. G.U. n° 251 del 25/10/96), “Normative e metodologie per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto, previsto dall’art. 5, comma 1, lettera f), della legge 27/3/92, n° 257, recante: Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Quest’ultimo decreto è costituito da cinque allegati e precisamente:
– allegato 1: Normative e metodologie tecniche per la valutazione del rischio, il controllo e la bonifica di siti industriali dismessi;
– allegato 2: Criteri per la manutenzione e l’uso di unità prefabbricate contenenti amianto;
– allegato 3: Criteri per l’uso e la manutenzione di tubazioni e cassoni in cemento-amianto destinati al trasporto e/o al deposito di acqua potabile e non;
– allegato 4: Criteri relativi alla classificazione ed all’utilizzo delle “pietre verdi” in funzione del loro contenuto di amianto;
– allegato 5: Requisiti dei laboratori pubblici e privati che intendono effettuare attività analitiche sull’amianto.
Il Decreto Legislativo 17/3/95, n° 114, “Attuazione della direttiva 87/217/CEE in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento dell’ambiente causato dall’amianto”. Il decreto fissa le concentrazioni di amianto alle emissioni e nelle acque di scarico. Il legislatore con questo decreto, riconferma ancora una volta l’interesse collettivo nel limitare qualsiasi forma d’inquinamento da amianto, anche in dipendenza del fatto che attualmente non sono ancora noti (se mai li si potrà stabilire) i valori di concentrazione di amianto aerodisperso, al di sotto dei quali non vi è più rischio di contrarre malattie neoplastiche amianto correlate.
Decreto Legislativo 5/2/1997 n. 22, modificato successivamente dal Decreto Legislativo 8/11/97 n. 389 “Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti pericolosi”. L’allegato “A” (previsto dall’art. 6, comma 1, lettera a) al punto 2 Catalogo Europeo dei Rifiuti, individua i materiali contenenti amianto con i seguenti codici:
160204 – apparecchiature fuori uso contenenti amianto in fibre
160206 – rifiuti derivanti dai processi di lavorazione dell’amianto
170105 – materiali da costruzione a base amianto
170601 – materiali isolanti contenenti amianto
L’allegato “D” previsto dall’art. 7 comma 4), fornisce l’elenco dei rifiuti pericolosi ai sensi dell’art. 1, paragrafo 4 della direttiva 91/689/CEE. La designazione “Rifiuti di costruzione e demolizione (compresa la costruzione di strade) è individuato dal codice CER 17. Il sottocodice 1706 ha designazione “Materiale isolanti”; il codice 170601 “materiali isolanti contenenti amianto. Nel codice CER 17 non è inserito nessun altro tipo di rifiuto. Occorre evidenziare che mentre la norma abolisce il D.P.R. n° 915/82, lascia in vita alcune norme tecniche da esso derivante. Nei fatti è ancora operante la deliberazione del 1984.
Direttiva 1999/77/CE del 26 luglio 1999 (GUCE 6-8-1999 L207/18) che adegua per la 6°volta al progresso tecnico l’allegato 1 della direttiva 76/769/CEE del Consiglio concernente il riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (amianto).
Decreto 20 agosto 1999 (G.U. n. 249 del 22-10-1999) “Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto, previsti dall’art. 5, comma 1, lett. f) della legge 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto.
Deliberazione 1 febbraio 2000 (GU n. 90, del 17-4-2000) “Criteri per l’iscrizione all’albo nella categoria 10- bonifica dei beni contenenti amianto” il quale fissa in particolare i requisiti di idoneità tecnica e di capacità finanziaria per l’iscrizione all’albo.
Circolare del Ministero della Sanità 15-03-2000 n. 4 (GU n. 88 del 14-04-2000) “Note esplicative del decreto ministeriale 1 settembre 1998 recante: “Disposizioni relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose ( fibre artificiali, vetrose)” Tali sostanze differiscono dal punto di vista fisico e biologico dall’amianto, ma meritano particolare attenzione a causa del loro potenziale potere cancerogeno, dimostrato da alcuni studi su lavoratori esposti ed animali.
Circolare 10-05-2000 n. 7 (GU 26-5-2000 n. 121) che rettifica alcune imperfezioni riscontrate al testo della circolare n. 4 del 15 marzo 2000.