Se, come detto, la consistenza fibrosa dell’amianto è alla base delle sue ottime proprietà tecnologiche, essa conferisce al materiale, purtroppo, anche delle proprietà di rischio essendo essa stessa causa di gravi patologie a carico prevalentemente dell’apparato respiratorio. La pericolosità consiste infatti nella capacità dei materiali contenenti amianto di rilasciare fibre potenzialmente inalabili.
Non sempre l’amianto, però, è pericoloso. Lo è certamente quando si trova nelle condizioni di disperdere le sue fibre nell’ambiente circostante per effetto di qualsiasi tipo di sollecitazione meccanica, eolica, da stress termico, dilavamento di acqua piovana. Per questa ragione l’amianto in matrice friabile, il quale può essere ridotto in polvere con la semplice azione manuale, è considerato più pericoloso dell’amianto in matrice compatta che per sua natura ha una scarsa o scarsissima tendenza a liberare fibre (il pericolo sussiste solo se segato, abraso o deteriorato).
L’esposizione alle fibre di amianto è associata a malattie dell’apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane seriose, principalmente la pleura (mesotelioma). Esse si manifestano dopo molti anni dall’esposizione: da 10 – 15 per l’asbestosi ad anche 20 – 40 per il carcinoma polmonare ed il mesotelioma.
In genere, le esposizioni in ambienti di vita sono di molto inferiori a quelle professionali, ciò nonostante non sono da sottovalutare perché l’effetto neoplastico non ha teoricamente valori di soglia. Infatti, nel corso degli anni sono stati accertati casi riferibili sia ad esposizioni professionali limitate nell’entità e durata, sia ad esposizioni al di fuori dell’ambito professionale (come per esempio per gli abitanti in zone prossime ad insediamenti produttivi, per i conviventi o frequentatori di lavorati esposti).